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Archive for the ‘Green Economy’ Category

Dopo le stelle Michelin, arrivano le stelle green per scegliere i ristoranti

In EcoRistoranti, Green Economy on 8 ottobre 2011 at 22:16

[ottobre 2011]

Una, due o tre stelle per valutare il livello di sostenibilità dei ristoranti, in base al rispetto delle regole indicate in un apposito disciplinare.

Così sarà possibile tutelare l’ambiente anche quando si cena fuori. L’Emilia Romana potrebbe essere la prima regione a dotarsi di un albo di ristoranti ‘green’ certificati, proponendosi come modello nazionale.

L’idea è di Confesercenti Emilia Romagna che grazie all’ausilio tecnico di Arpa ha realizzato la “Carta volontaria del ristorante sostenibile”, pensata per colmare il vuoto lasciato nel settore dalla certificazione ambientale che invece esiste già per gli alberghi. Il primo passo è stato quello di aprire un tavolo di lavoro per realizzare il disciplinare che individuasse i parametri di riferimento in base ai quali giudicare i ristoranti aderenti, individuando il livello di sostenibilita’.

A fare la differenza sarà non solo la qualità delle materie prime utilizzate per la realizzazione dei piatti, ma anche quali prodotti vengono utilizzati per la pulizia del locale e quali fonti energetiche. In base a questi parametri, il ristorante sarà di primo, secondo o terzo livello

“Le certificazioni ambientali oggi esistenti non sono adatte alla ristorazione – spiega all’Adnkronos Marco Asi, titolare del progetto – lo sforzo, quindi, è stato di adattare la normativa esistente al settore. Dopo averla sperimentata su alcune imprese, ora iniziamo a raccogliere le adesioni da parte dei ristoranti e poi procederemo alle verifiche per inserirli all’interno di un elenco che potrebbe poi diventare un vero e proprio albo. Quello che manca ancora è individuare quale sarà il soggetto preposto ai controlli”.

Il primo problema riscontrato, lavorando alla Carta, è stato quello della fornitura: spesso, infatti, i ristoratori non sanno a chi rivolgersi per acquistare prodotti per la pulizia che rispettino tanto l’ambiente quanto la normativa igienico-sanitaria. Per questo, il 10 ottobre a Bologna si svolgerà l’iniziativa “La ristorazione incontra l’ambiente”, momento di incontro tra i ristoratori e i produttori in grado di offrire soluzioni sostenibili alle richieste del settore.

Da: ecoseven.net

La Bioeconomia: come usare energia e materie prime per una reale sostenibilità

In Green Economy, Next Economy on 16 agosto 2011 at 21:36

[agosto 2011]

 Con il termine ‘Bioeconomia’ si indica una teoria proposta da Georgescu-Roegen per un’economia ecologicamente e socialmente sostenibile. Egli riteneva che qualsiasi processo economico che produce merci materiali diminuisce la disponibilità di energia nel futuro e quindi la possibilità in avvenire di produrre altre merci e cose materiali.

Inoltre, nel processo economico anche la materia si degrada (‘matter matters, too’), ovvero diminuisce tendenzialmente la sua possibilità di essere usata in successive attività economiche: una volta disperse nell’ambiente le materie prime precedentemente concentrate in giacimenti nel sottosuolo, possono essere reimpiegate nel ciclo economico solo in misura molto minore e a prezzo di un alto dispendio di energia. Tale principio è stato definito provocatoriamente dal suo autore, ‘Quarto principio della termodinamica’.

Il fisico polacco Clausius, che coniò il termine entropia (1865), si espresse in maniera chiara sul problema delle risorse, scrivendo: “Non bisogna consumare in ciascun periodo più di quanto è stato prodotto nello stesso periodo. Perciò dovremmo consumare tanto combustibile quanto è possibile riprodurre attraverso la crescita degli alberi.” Materia ed energia, quindi, entrano nel processo economico con un grado di entropia relativamente bassa e ne escono con un’entropia più alta. Da ciò deriva la necessità di ripensare radicalmente la scienza economica, rendendola capace di incorporare il principio dell’entropia e in generale i vincoli ecologici.

Per secoli, alcuni filosofi, scienziati, psicologi ed economisti hanno contribuito a diffondere l’idea che l’essere umano sia per natura aggressivo e utilitarista, teso principalmente al soddisfacimento egoistico dei propri bisogni e al guadagno materiale. La storia, quindi, non sarebbe altro che una lotta senza quartiere tra individui isolati, solo occasionalmente uniti da ragioni di mera utilità e profitto. Ma negli ultimi decenni alcune scoperte nel campo della biologia e delle neuroscienze hanno messo in dubbio questa tesi dimostrando, al contrario, che uomini e donne manifestano fin dalla più tenera età la capacità di relazionarsi con gli altri in maniera empatica, percependone i sentimenti, in particolare la sofferenza, come se fossero i propri.

Alla luce di questo nuovo approccio, l’ambientalista Rifkin propone una radicale rilettura del corso degli eventi umani. Lo studioso individua una tendenza alla massima empatia nel nostro mondo sempre più globale in cui, paradossalmente, allo sviluppo della coscienza empatica si è associato un altissimo rischio di deteriorare drasticamente la salute del pianeta: la maggiore complessità della società, terreno fertile in cui è potuta fiorire la nuova coscienza empatica, comporta come rovescio della medaglia un enorme impiego di risorse naturali e un sempre maggiore consumo di energie che rischiano di travolgere l’ambiente. Egli sottolinea la paradossale relazione fra empatia ed entropia, i due pilastri su cui è costruita la nostra società.

Pilastri destinati a crollare minacciando la nostra stessa sopravvivenza? No, secondo lui è possibile uscirne. è però necessario affidarsi alla nostra natura empatica che potrà guidarci allo sviluppo di una nuova ‘coscienza biosferica’, cioè alla consapevolezza che la terra funziona come un organismo unitario e inscindibile, dalla cui salute dipendiamo e di cui siamo tutti responsabili.

Solo se saremo disposti a diventare realmente solidali con il pianeta, ridefinendo i nostri stili di vita e il corso dell’economia a favore di una vera sostenibilità ambientale, avremo la possibilità di superare la crisi a favore di una salvifica rinascita. L’empatia è la capacità di partecipare al dolore altrui, avvertendolo come proprio: si soffre, quindi, per la sofferenza degli altri, senza condividerne la causa. Per essere empatici è allora necessario avere una propria individualità e la capacità di sapersi distinto dall’altro. Se non ci si vede separati dagli altri, si condivide prima di tutto il male, e solo a quel punto la sofferenza.

Il bambino piccolo, che non riesce a vedersi come essere distinto dalla madre, non può provare vera empatia per lei. Un discorso analogo vale quando un singolo si percepisce come semplice parte di un gruppo, come avveniva ai nostri progenitori preistorici, che non si riconoscevano come individui separati dal clan e quindi erano immaturi per l’empatia.

Questo sentimento – risultato di un’evoluzione che rende la socialità e la condivisione inevitabile e utile – è comunque il vero atteggiamento di fondo degli esseri umani nei confronti degli altri. Non siamo, perciò, egoisti, come tradizionalmente immaginato dalla maggioranza dei pensatori sociali. Se è una caratteristica naturale, però, l’empatia deve essere scoperta e sviluppata.

La storia umana è infatti anche un percorso verso una sempre maggiore coscienza empatica, permessa dallo sviluppo economico, dalla ricchezza, dagli scambi e dalla vita in comune, ma anche dalla psicologia, dai romanzi d’amore del Romanticismo, dalle conversazioni in chat: tutti momenti che hanno permesso di accrescere la coscienza di sé e l’attenzione agli stati d’animo propri e altrui.

Il mondo globale contemporaneo – aperto ai viaggi, agli incontri con un’umanità sempre più ampia e alla comunicazione con tutti – diventa il momento ideale per sviluppare e vivere in pieno questo sentimento. Lo sviluppo della società ha comportato però anche sempre maggiori costi in termini energetici. La crescita è stata inoltre accompagnata e permessa da una costante evoluzione dei meccanismi comunicativi: dall’invenzione della scrittura, alla stampa, a internet.

Proprio nell’interconnessione fra tutti questi aspetti, potrebbe essere la soluzione del problema energetico: “Parliamo in continuazione di accesso e inclusione in una rete globale di comunicazione, ma parliamo molto meno del perché, esattamente, vogliamo comunicare con gli altri su una scala così planetaria. Si avverte la grave mancanza di una ragione generale per cui miliardi di esseri umani dovrebbero essere sempre più connessi”.

Questa ragione sarebbe la possibilità di lavorare insieme alla salvezza del pianeta. La cultura della società del consumo spinge in direzione opposta. L’individuo isolato ed egoista è più propenso a consumare e a cercare la felicità nei beni materiali, come un bambino egocentrico, dice il politologo Barber. Fin da piccolo, allora, il cittadino del mondo capitalista è inquadrato nel sistema degli acquisti in modo da crescere secondo la logica richiesta, secondo l’economista Mayo e la ricercatrice sociale Nairn. Il consumo diventa la ragione di essere, a fronte di un mondo incerto e incomprensibile, per il sociologo Bauman e, secondo l’accademico Patel, democrazia e condivisione, di conseguenza, sono possibili soluzioni per costruire l’alternativa.

Da: televideo.rai.it

 

Il fotovoltaico fai da te fra due anni sarà l’energia più conveniente

In Energie Rinnovabili, Green Economy on 5 giugno 2011 at 17:43

[giugno 2011]

Secondo uno studio del professor Arturo Lorenzoni del dipartimento di Ingegneria elettrica dell’università di Padova, nel 2013 sarà raggiunta la “grid parity”: il prezzo del chilowattora per autoconsumo prodotto con panelli solari sarà uguale a quello dell’energia acquistabile dalla rete elettrica

essuno l’aveva previsto. Eppure, entro due anni, l’energia solare “fai da te” sarà più conveniente, anche senza incentivi: autoprodurre elettricità con pannelli fotovoltaici, specie nel Sud, costerà meno della bolletta dell’Enel. Si avvicina infatti la “grid parity”, la coincidenza tra il costo del chilowattora per autoconsumo, prodotto con panelli da 200 kW di picco (kWp), e quello dell’energia acquistabile dalla rete elettrica. A rivelarlo sono i calcoli eseguiti dal professor Arturo Lorenzoni del dipartimento di Ingegneria elettrica dell’università di Padova. Ma le buone notizie non si fermano qui: per Vishal Shah, analista di Wall Street, il settore solare vedrà nei prossimi anni una riduzione dei costi di un ulteriore 40%.

Nel Sud Italia la grid parity sarà raggiunta già verso la metà del 2013, per gli impianti industriali da 200 kWp. Per gli impianti domestici (più piccoli, da 3 kWp) si dovrà aspettare un anno in più. Per i grandi impianti allo stesso risultato si arriverà nel 2015 al Centro e nel 2016 al Nord. Per quelli piccoli ci vorrà un anno in più. I calcoli sono stati eseguiti stimando una vita media dei moduli di 25 anni e includendo un tasso di interesse del 5,3%, ma concentrandosi appunto sull’autoconsumo, invece che sulla produzione di elettricità da vendere alla rete.

Lo studio di Lorenzoni ed il suo team, commissionato da Conergy Italia, è partito dall’analisi della variazione di prezzo degli impianti prevista per i prossimi anni da European Photovoltaic Association e altre agenzie di ricerca: i moduli fotovoltaici dovrebbero passare dai 1,4 euro/Wp di oggi a circa 1 euro/Wp entro i prossimi due anni. Questo porterebbe i sistemi fotovoltaici a costare molto meno: i piccoli impianti (3 kWp) passerebbero dagli attuali 3.600 euro/kW a 2.800 nel 2014, mentre quelli da 200 kWp da 2.800 euro/kWp a circa 2.000 nel 2014. Queste stime sono state elaborate prima del quarto conto energia, ma “con la riduzione delle tariffe incentivanti i prezzi caleranno anche più rapidamente del previsto”, spiega il professor Lorenzoni (fonte: QualEnergia).

Non solo, le ipotesi del gruppo di ricerca veneto sono approssimate per difetto: si è voluto stimare, ad esempio, un aumento annuale medio delle bollette elettriche del 3-3,28%. Un valore che potrebbe essere sottostimato, se si considera il possibile aumento del prezzo del petrolio. Se i costi legati alla produzione di energia dovessero essere maggiori di quanto stimato e gli impianti dovessero costare meno, la grid parity potrebbe quindi essere raggiunta anche prima di quanto previsto dallo studio dell’Università di Padova.

Fino a pochi anni fa, nessuno avrebbe azzardato una previsione del genere sull’autonomia energetica familiare, né tanto meno una diminuzione dei prezzi del fotovoltaico che, dal 2008 al 2011, è arrivato a sfiorare il 60%. Margini di riduzione che sono ancora ampi: nei prossimi 3-5 anni, infatti, il fotovoltaico potrà costare negli Usa tra 1,3 e 1,4 dollari per watt, ed è possibile arrivare presto alla soglia del dollaro per Watt. Ad affermarlo è Vishal Shah, analista a Wall Street specializzato nel settore solare.

Negli ultimi quattro anni, i prezzi del fotovoltaico sono scesi tanto da riuscire a superare in convenienza anche l’energia nucleare, secondo uno studio della Duke University in North Carolina. A differenza del professor Lorenzoni, però, Vishal Shah ritiene negativo il fatto che i governi possano rivedere le loro politiche di incentivazione: per l’analista newyorkese, infatti, ciò sarà l’unico freno al boom del solare. Sul prossimo raggiungimento della grid parity in alcune parti dell’Europa meridionale, però, si è tutti concordi. Non solo, per Shah nel vecchio continente l’energia elettrica da fonte solare sostituirà presto quella prodotta con il gas naturale, mentre in altre parti del mondo soppianterà anche quella prodotta con l’inquinante e sempre più costoso gasolio.

Da: ilfattoquotidiano.it

Enel Green Power: grande interesse per la colonna portante della nuova energia

In Energie Rinnovabili, Green Economy on 22 marzo 2011 at 15:42

[20 marzo 2011]

Enel Green Power è la società del gruppo Enel che gestisce il business relativo alle energie rinnovabili. Un settore, quello delle eco-energie, costantemente in crescita, e all’interno del quale Enel Green Power (o, in abbreviazione EGP) desidera prendere possesso di una fetta rilevante, a beneficio dei propri conti societari, e di quelli dell’intero gruppo. Ma come sta andando la società? Quali sono i rendimenti del titolo? Cerchiamo di vederci più chiaro, capendo se convenga o meno entrare nell’azionariato di EGP.

Enel Green Power è sbarcata in Borsa italiana ad inizio del mese di novembre 2010, con una IPO che ha coinvolto altresì la Borsa di Madrid. La quota di capitale collocata nel mercato regolamentato azionario è stata pari al 30%. L’attesa per la quotazione di EGP è stata piuttosto elevata, e ha visto un’accoglienza da parte di oltre 330 mila ripsarmiatori italiani e spagnoli, pronti a sottoscrivere l’offerta pubblica iniziale.

Oltre che per la potenziale valenza nel breve e medio periodo, l’offerta di Enel Green Power aveva solleticato i desideri di investimento di centinaia di migliaia di risparmiatori grazie anche al “premio” che sarà erogato al termine dei primi 12 mesi di possesso: alla scadenza del primo anno, infatti, chi avrà detenuto nel portafoglio, in maniera continuativa, i titoli derivanti dall’originaria sottoscrizione, potrà ricevere un’azione gratis ogni 20 acquistate.

Il prezzo di assegnazione delle azioni in sede di IPO fu pari a 1,6 euro, per una capitalizzazione complessiva vicino agli 8 miliardi di euro. Attualmente la quotazione del titolo si aggira intorno agli 1,825 euro, confermando le buone prospettive sul breve termine, e “scontando” le recenti prestazioni negative di Borsa a causa del dramma giapponese. Anzi, proprio i tentennamenti sulla questione nucleare potrebbero favorire il titolo, che pertanto, nei prossimi mesi, potrebbe avanzare ulteriormente.

[16 marzo 2011]

Non si arresta la corsa di Enel Green Power a Piazza Affari dove questa mattina guadagna oltre 3 punti percentuali. Il titolo della costola verde di Enel ha aggiornato i massimi storici dalla sua quotazione (inizio novembre 2010) a 1,867 euro. Il gruppo, attivo nelle energie rinnovabili, fiuta da giorni i possibili stop dei piani nucleari. Ieri, infine, la società ha annunciato che nel periodo 2011-2015 investirà 6,4 miliardi di euro (di cui 2,4 miliardi in Italia e nella penisola iberica), aumenterà la propria capacità installata dagli attuali 6,1 GW a 10,4 GW e incrementerà l´Ebitda a 2 miliardi nel 2013 e a 2,4 miliardi nel 2015.

[16 marzo 2011]

Prosegue il buon momento di Enel Green Power (quotazione Enel Green Power), che in alcune fasi della seduta di oggi ha toccato i suoi nuovi massimi da quando si è quotata. A spingere le quotazioni della società attiva nel campo delle energie rinnovabili ci sono le indicazioni di alcuni analisti ma anche le rinnovate spinte ai dibattiti sugli investimenti nelle energie verdi dopo le notizie che arrivano dal Giappone, dove le recenti drammatiche scosse e il devastante Tsunami dei giorni scorsi hanno messo in percolo alcune centrali nucleari.

Tra le promozioni più decise quella di Bank of America – Merrill Lynch. La banca statunitense ha alzato il suo target price a 1,95 euro dai precedenti 1,85 euro, confermando la sua raccomandazione “buy” (acquistare). Agli esperti piacciono le indicazioni del nuovo piano industriale e hanno stigmatizzato uno dei punti di forza del gruppo: la capacità da fare margini in modo automatico grazie ai bassi costi di produzione delle centrali idroelettriche.
Giudizio positivo anche da Mediobanca, che ha migliorato il prezzo obiettivo da 1,93 a 2,1 euro e confermato il rating “outperform” (farà meglio del mercato). Anche in questo caso gli analisti di Piazzetta Cuccia apprezzano le indicazioni del piano industriale, che contiene solidi traguardi di crescita organica.Target price alzati anche da due broker francesi, Natixis e Cheuvreux. La prima ha portato la sua valutazione a 1,61 euro dai precedenti 1,57 euro (con giudizio “neutrale”), la seconda ha migliorato il suo prezzo obiettivo a 1,8 euro dai precedenti 1,62 euro (con raccomandazione “underperform” – farà peggio del mercato). Quest’ultima ha anche alzato le sue stime di utile per azione per il biennio 2012-2013 e di margine operativo lordo al 2015.

Dopo la diffusione dei risultati di bilancio, invece, gli analisti di Société Générale avevano alzato da 1,9 euro a 2 euro il loro target price su Enel Green Power, mentre Bank of America aveva limato le stime sull’utile per azione per il biennio 2011/2012, anche se aveva confermato l’indicazione di acquisto, sulla base di un target price di 1,85 euro.

Secondo quanto emerso dal piano, Enel Green Power punta ad aumentare la capacita produttiva installata a 10,4 Gigawatt entro il 2015. Il gruppo stima che il suo margine operativo lordo possa crescere, da qui al 2015, a un tasso medio annuo dell’11%.

Da: finanzaeborse.it e finanzaonline.com

ECOFFEE: corre sul 100% di sostenibilità la prima piattaforma per un retail business responsabile

In Esempi Aziendali, Green Economy on 16 marzo 2011 at 01:44

[2010/11]

Anche con i semplici gesti quotidiani, come la colazione al bar, si può contribuire a mantenere l’equilibrio “delle tre e”: ecologia, equità, economia, e dare un forte impulso allo sviluppo sostenibile.

E’ prendendo spunto da questa semplice, ma determinante filosofia, che un giovane imprenditore Norman Cescut, fondatore di Desita, ha deciso di lanciare un innovativo progetto interamente eco-friendly.

“ECOFFEE” è uno strumento di business innovativo, dedicato agli imprenditori nel settore food-retail sensibili ai temi della sostenibilità ambientale e responsabilità sociale, imprenditori desiderosi di investire in “cultura ambientale” applicata alla quotidianità del consumatore.

“Lo Sviluppo sostenibile si ha quando la soddisfazione dei bisogni di oggi non compromette la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni” afferma Norman Cescut citando Brundtland. Desita parteciperà con questo progetto innovativo ad Ortofabbrica, il primo contest di creatività sostenibile ideato da Angelo Grassi, (1-2-3 ottobre a Gambettola, Forlì Cesena) un luogo in cui, per volere del Romagna Creative District, la creatività incontra l’attenzione per l’ambiente. Con ECOFFEE, Desita, parteciperà anche al Premio “Economia Verde Emilia Romagna”, l’iniziativa di Legambiente rivolta alle aziende della regione promotrici di politiche imprenditoriali a favore dell’ambiente.
Il progetto ECOFFEE ha già ottenuto l’approvazione di importanti marchi e realtà internazionali.

“ECOFFEE – spiega ancora Norman Cescut – è un progetto imprenditoriale molto articolato, verticalizzato sul food-retail ma in futuro applicabile anche ad altri settori. Lo sviluppo di un protocollo basato sui principi dell’eco-sostenibilità e della responsabilità sociale sarà lo strumento attraverso il quale saremo in grado di supportare attivamente le aziende del settore. In primis, la possibilità di realizzare un concept store, idealmente una Caffetteria, frutto dell’applicazione del protocollo da noi sviluppato.

Sarà un luogo interamente eco-friendly e eco-sostenibile, dove la consapevolezza del cliente verso i temi a noi cari verrà ogni giorno rafforzata grazie ad una comunicazione non solo verbale ma anche sensoriale. In secondo luogo, ECOFFEE è un progetto imprenditoriale che si svilupperà anche in Franchising dando a molti potenziali imprenditori, sicuramente eco sensibili, la grande opportunità di passare dalle parole ai fatti. Solo fissando regole base per la sostenibilità delle nuove installazioni e, perché no, prevedendo adeguati incentivi, il nostro Paese potrà davvero fare un balzo in avanti in materia di green economy”.

La Caffetteria primo concept-store by ECOFFEE sarà progettata a completa eco-sostenibilità, con utilizzo di materiali per lo più rigenerati o che, come in caso del legno (massiccio, impiallacciato, compensato o multistrato) rispettino i requisiti di selvicoltura minimi. Il protocollo prevede inoltre il totale riciclaggio dei rifiuti prodotti, l’utilizzo di energie rinnovabili per coprire il fabbisogno del locale, l’utilizzo solo di caffè di produzione etica e responsabile “UTZ certified”, di materie prime a km 0, e comunque provenienti da filiera produttiva controllata, e molto altro ancora.

All’interno della Caffetteria si svolgeranno anche svariate attività in grado di generare e trasferire l’idea di eco-sostenibilità in cultura e relativa azione quotidiana – corsi, workshop, concerti ed eventi fra le varie – a sostegno del ruolo centrale di questo luogo come incubatore quotidiano di un nuovo stile di vita, un luogo generatore di cultura sostenibile.

Da: quadrante.com

Web: ecoffee.it
Azienda: desita.it

Dalla Red alla Green fino alla Blue: l’economia sostenibile va sotto il nome di Blue Economy

In Green Economy, Next Economy on 15 marzo 2011 at 23:27

[10 marzo 2011]

Niente istogrammi, né grafici a torta e nemmeno curve che mostrano l’andamento del mercato. L’attenzione di una platea gremita composta da scienziati, giornalisti, semplici interessati e scolaresche liceali, Gunter Pauli – economista belga e ideatore della Blue economy – se l’è conquistata con immagini di rane, coleotteri, vortici d’acqua, ragni e foreste pluviali. Anche Galileo era lì, alla fondazione Aurelio Peccei di Roma, alla lecture organizzata insieme a WWF in collaborazione con UniCredit, per farsi spiegare come si possa fare business a impatto zero. Ma che c’entrano anfibi e insetti?

“Prendendo ispirazione dalla natura e dal funzionamento degli ecosistemi possiamo fondare un nuovo modello economico che superi quello consumistico, basato solo sul core business, il guadagno immediato, e che trascura gli effetti collaterali come l’indebitamento dei consumatori e il prosciugamento delle risorse naturali, senza preoccuparsi di risarcire i danni. Questa è la red economy che ci ha condotto alla crisi attuale. Ma dobbiamo andare oltre anche la green economy, che con il nobile intento di proteggere l’ambiente chiede maggiori investimenti alle imprese e mette sul mercato prodotti più costosi. Un modello pensato per i ricchi e non per tutti”, spiega Gunter Pauli con un’abilità oratoria rodata in anni di conferenze in giro per il mondo.

A partire infatti dal 1994, quando fondò il network Zeri (Zero Emissions Reserach and Initiatives, www.zeri.org), una rete di scienziati, imprenditori ed economisti, impegnati a sviluppare processi produttivi a cascata, dove cioè gli scarti di un ciclo diventano materie prime di un altro, Pauli si è speso molto per diffondere il verbo della Blue economy: “proteggere l’ambiente non basta, bisogna rigenerarlo, imitando i processi della natura e utilizzando tutto ciò che si ha a disposizione. Anche se puzza”.

Come si fa in Benin, dove gli scarti dei macelli vengono utilizzati per allevare vermi che forniscono mangime per pesci e quaglie, ma anche medicinali per curare le ferite, perché gli enzimi contenuti nella loro saliva si sono rivelati efficaci allo scopo. E’ bastato uno studio sul British Medical Journal per convincere un imprenditore di Lipsia a copiare il modello africano.

Nel suo libro Blue economy (Edizioni ambiente) di esempi come questi Gunter Pauli ne racconta 100. Si tratta di innovazioni tecnologiche che hanno trovato nella natura la loro musa ispiratrice, necessitano di investimenti bassi, rispettano l’ambiente e creano posti di lavoro. Insomma un miracolo che può suscitare un legittimo scetticismo: quanto sono realistici questi progetti?

“Non solo sono realizzabili, ma già realizzati”, risponde Pauli con l’evidenza di un elenco di imprese già avviate che stanno crescendo e assumendo personale in varie parti del mondo. Un’azienda svedese produce depuratori d’acqua sfruttando la strategia dei vortici appresa osservando i fiumi scorrere, al centro di Madrid si coltivano funghi sui fondi di caffè, al Fraunhofer Insitute in Germania è stato messo a punto un prototipo di telefono cellulare che funziona senza batteria, sfruttando le differenze di temperatura tra corpo e apparecchio, lo stesso sistema che permette al cuore di una balena di pompare 1.000 litri di sangue con un dispendio energetico di appena 6 volt.

Il catalogo potrebbe proseguire con il manto bicolore delle zebre che, sapientemente riprodotto sulla superficie di un edificio, garantisce l’abbassamento della temperatura di 5 gradi, o con i fili della ragnatela in grado di eguagliare le prestazioni del titanio, o con l’abilità dei coleotteri del deserto del Namib di accumulare acqua per periodi lunghi e riuscire a sopravvivere in zone in cui cadono 1,27 cm di pioggia l’anno. L’ insetto è stato imitato per realizzare un sistema che cattura vapore dalle torri di raffreddamento e recuperare il 10% dell’acqua perduta.

Con buona pace di chi si aspettava un discorso sui massimi sistemi, la soluzione che Pauli propone per voltare pagina non è altro che un puzzle composto da frammenti isolati che, almeno in apparenza, fanno fatica a incastrarsi tra loro. Viene da chiedersi allora come possano sporadiche iniziative far fronte alle richieste di un pianeta che nel 2050 arriverà a ospitare 9 miliardi di abitanti. Cosa sono in grado di fare quelle 100 realtà locali in assenza di direttive politiche globali?

“La natura non prende posizioni ideologiche, non fa piani d’azione, ma agisce nel momento. Inutile delegare ai politici e agli accordi internazionali decisioni che possono essere prese subito e possono risolvere problemi immediati. Le piccole iniziative crescendo di numero possono diventare un processo macroeconomico. La blue economy non si accontenta di tutelare l’ambiente, ma intende spingersi verso la rigenerazione in modo tale da garantire risorse per tutti e sempre” spiega Pauli.

Un cambiamento culturale che ci impone di rivedere alcuni punti che avevamo appena cominciato a dare per assodati. Primo: non ha senso spendere di più per salvare l’ambiente. In questo modo i consumatori si indebitano, l’economia arranca e i posti di lavoro si riducono. Secondo: il commercio equo e solidale non combatte la povertà nei paesi in via di sviluppo e per lo più inquina l’ambiente perché aumenta i trasporti. L’economia deve innanzitutto utilizzare prodotti locali e garantire impiego agli abitanti del luogo. Last but not least: prima di investire soldi per nuovi piani energetici vale la pena sfruttare gli impianti già esistenti, come è accaduto in Buthan dove sui piloni sono state montate turbine eoliche.

Da: galileo.it

Energia verde per aziende eco-sostenibili: offerte per Pmi

In Energie Rinnovabili, Green Economy on 15 marzo 2011 at 22:37

[15 marzo 2011]

Le imprese che credono nei benefici delle energie da fonti rinnovaili hanno a disposizione una ricca offerta di mercato.

Con la liberalizzazione, i gestori di energia elettrica possono offrire ad aziende e Pmi contratti di fornitura elettrica o di gas da fonti rinnovabili a prezzi competitivi.

Aderire a questo tipo di offerta energetica ha dei ritorni anche a livello di comunicazione etica perché l’energia non è considerata solo una commodity ma strumento di eco-posizionamento (propensione alla sostenibilità) e differenziazione strategica. Alla lunga, quindi, si risparmia sui costi, si protegge l’ambiente e si ottiene un vantaggio competitivo nel lungo periodo con ricadute su brand equity e performance.

OFFERTA LIFEGATE ENERGY

Network media e advisor per lo sviluppo sostenibile (People, Planet e Profit), ha lanciato l’offerta Lifegate Energy certificata R.E.C.S. (sistema europeo che garantisce impiego delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica): non prevede costi di attivazione, gestione, canone o recesso. L’energia fornita alle aziende è green al 100% e ad impatto zero (nel processo produttivo non si crea CO2). L’attivazione avviene su richiesta online mediante il sito Lifegate: basta fornire dati aziendali, consumi tipici e copia dell’ultima bolletta.

Oltre all’attestazione di “azienda che usa energia da rinnovabili” si riceve la mappa della area verde tutelata per la resa a Impatto Zero® dell’energia, i materiali di comunicazione, il decalogo di eco-consigli per i luoghi lavorativi, l’abbonamento a LifeGate Magazine, la vetrofania, il regolamento di concessione e utilizzo del marchio Impatto Zero® che è un marchio registrato.

OFFERTA SORGENIA ENERGIA PULITA

L’operatore privato Sorgenia – operativo in Italia con 560.000 clienti sul mercato energetico e della fornitura di gas – ha attivato l’offerta EnergiaPulita: con prezzo fisso per l’energia e attivazione gratuita, si rivolge a micro-imprese e Pmi. L’energia acquistata proviene da impianti per rinnovabili definiti e verificati dall’ente di certificazione internazionale DNV (Det Norske Veritas).

Anche in questo caso il fornitore cura l’aspetto della comunicazione d’impresa fornendo: Certificato di Garanzia di utilizzo di fonti rinnovabili (utilizzabile come certificazione aziendale) e marchio EnergiaPulita in forma di adesivi e vetrofanie, per mostrare al pubblico la scelta eco-sostenibile.

Come servizi aggiuntivi Sorgenia propone un’area web ad accesso riservato,assistenza clienti classica e servizio telefonico di autolettura. Se si dispone di un contatore multi-orario è possibile risparmiare perché il prezzo dell’energia cambia per fascia oraria ed è mostrato in chiaro sia in fattura che nelle pagine web dedicate all’iniziativa.

Le semplificazioni sono quelle standard: cambio operatore a carico di Sorgenia, garanzia di non modifica contatore o impianti elettrici, nessuna interruzione di fornitura da vecchio a nuovo gestore e nessun costo o cauzione.

OFFERTA AGSM ENERGIA

Azienda del gruppo AGSM Verona Spa, vende energia elettrica, gas e teleriscaldamento. L’offerta “AGSM energia rinnovabile” (prodotta da impianti AGSM) propone fornitura di energia pulita (idroelettrica, eolica, solare, da maree, ondosa, geotermica, biogas e biomassa) comprovata da certificati di garanzia internazionali R.E.C.S. e 100% energia verde.

Per l’attivazione telefonica: numero verde 800342476; via email a: customercare@agsm.it. Il servizio prevede l’applicazione di una piccola maggiorazione per l’energia rinnovabile applicata a una qualunque delle offerte commerciali standard di AGSM. La maggiorazione è suddivisa in tre fasce per i consumi inferiori a 50.00kWh, fra 50 e 200.00kWh e per consumi complessivi superiori a 200.000kWh.

Anche AGSM punta ai benefici reputazionali per le aziende aderenti, che possono così fregiasi del ruolo di promotore di uno sviluppo eco-compatibile, con la consapevolezza di non gravare sull’Ambiente con la propria attività: valorizzazione dell’immagine aziendale, visibilità sui clienti finali. AGSM non fornisce però materiale pubblicitario in questo senso.

OFFERTA ACEAELECTRABEL

Tra i più noti fornitori in Italia, ha predisposto un’offerta di energia da fonti rinnovabili per Pmi: “Sostenibile Più”, sia per la fornitura di elettricità sia per il gas. Garantisce che il prezzo applicato corrisponderà esattamente al corrispettivo previsto per la maggior tutela. Gli altri costi a parte le tasse, ovvero quelli dovuti al trasposto e dispacciamento dell’energia, restano a carico del cliente, come evidenziato nella scheda contrattuale. Anche in questo caso la richiesta di attivazione deve essere fatta online mediante apposito form predisposto.

Link alle offerte:

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Da: pmi.it

 

Espansione delle auto elettriche: cosa sono le terre rare? Nel riciclo le soluzioni

In Green Economy, Mobilità Sostenibile on 8 marzo 2011 at 02:35

[5 marzo 2011]

Il prezzo del petrolio cresce e gli standard di emissione per le autovetture si sono fatti più severi. Queste le due buone ragioni che hanno spinto i costruttori di automobili europei, Renault con Nissan in testa (Fiat non è pervenuta) a investire nella progettazione e produzione di auto elettriche. L’obiettivo della casa francese è venderne un milione entro il 2016.

Ma qualcosa sembra essere arrivato a rompere la festa: a creare nervosismo tra le case automobilistiche che stanno investendo nelle auto elettriche è la notizia che iniziano a scarseggiare le materie prime, per lo più metalli, tra cui le preziose terre rare uno dei componenti necessari alla costruzione delle batterie elettriche ricaricabili.

Un gruppo di esperti dell’UE ha identificato 14 materie prime, valutate come “critiche” per le industrie tecnologiche e eco dell’Europa. Queste sono: antimonio, berillio, cobalto, fluorite, gallio, germanio, grafite, indio, magnesio, niobio, MGP (Platinum Group Metals), terre rare, tantalio e tungsteno.

Tra i produttori la Cina, che estrae oltre il 95% delle terre rare ma che ha progressivamente ridotto le sue quote di esportazione per mantenere i minerali a disposizione dei mercati interni. Politica che ha suscitato allarme tra le nazioni con le industrie che dipendono da loro per le applicazioni hi-tech.

Spiega Philippe Schulz esperto di energia e materie prime per Renault:

La questione è troppo strategica. Tutte le materie prime sono esposte o a un rischio di aumento brutale dei prezzi o alla carenza entro breve tempo. Bisogna anticipare le soluzioni e metterle in atto.

Se per le terre rare si calcola che vi siano riserve disponibili per i prossimi 800 anni, per piombo e rame si calcola che si possano esaurire nei prossimi 30-35 anni. A gestire per ora l’export di terre rare è la Cina già dalla seconda metà degli anni ottanta grazie alla competitività dei costi. Prima di allora le esportavano Brasile e India che poi hanno chiuso le loro miniere a causa del tracollo dei prezzi.

Le case automobilistiche però fanno sapere di aver messo in atto strategie che consentono a loro o ai partner di iniziare a abbandonare leterre rare per la produzione delle batterie. Resta però il problema dell’approvvigionamento del litio, per cui si cercano alternative con il nichel-zinco. Diciamo che il problema si presenterà massiccio dal 2020 in poi, data per cui è prevista l’espansione sui mercati dell’auto elettrica. Ad esempio, occorre un chilo di neodimio, uno dei minerali di terre rare, usato come magnete permanente per l’alta potenza nelle batterie di auto elettriche e ibride come nel caso della Toyota Prius. Immaginiamo cosa possa significare se la diffusione di queste auto dovesse superare l’attuale 10%.

Nell’attesa del dominio delle auto elettriche sul mercato non resta che affidarsi alle batterie al piombo, metallo per cui i problemi si potrebbero presentare molto presto. Infatti è proprio il settore auto a assorbire il 60% della produzione mondiale di piombo che secondo US Geological Survey, è destinato a esaurirsi nel 2030 se i livelli di produzione saranno mantenuti come nel 2008, ossia 3,5 milioni di tonnellate l’anno. Problemi simili per il rame per cui sono annunciati 35 anni di riserve se continuiamo a produrre come il 2008. Ma questa scadenza potrebbe essere accorciata considerata la crescente domanda.

Uno dei sistemi migliori di approvvigionamento viene individuato nel riciclo dei metalli che non è affatto economico come si pensa e che obbliga i costruttori a stringere accordi caso per caso e con ogni singolo produttore. Volvo Trucks è uno dei rari produttori a comunicare le sue statistiche su come i pezzi riciclati siano utilizzati nelle sue linee di produzione. Dice l’azienda:

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WWF lancia “L’ora della Terra”, l’agorà globale per il clima

In Green Economy, Nuove Soluzioni on 3 marzo 2011 at 13:17

[2 marzo 2011]

È stata lanciata oggi, a livello mondiale e anche in Italia, la piattaforma globale dell’Ora della Terra WWF, un vero mosaico interattivo per il clima, già tradotto in 11 lingue, attraverso cui individui, istituzioni, organizzazioni e imprese da tutto il mondo possono raccontare le azioni concrete che intendono intraprendere per fare la propria parte e dare al mondo un futuro più sostenibile.

Si apre così ufficialmente la nuova fase dell’Ora della Terra, l’evento mondiale del WWF per il clima che il 26 marzo alle 20.30 spegnerà monumenti e luoghi simbolo in ogni angolo del pianeta e che quest’anno chiede a tutti di andare “oltre l’ora”, impegnandosi a trasformare la propria vita ogni giorno alimentando il cambiamento che non solo ci aiuterà a vincere la sfida dei cambiamenti climatici, ma contribuirà a dare al mondo equilibrio e benessere.

“Il futuro eco-friendly – ha detto Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia – è un’azione concreta che può iniziare subito. Mentre i Governi discutono sull’accordo globale e sulle regole comuni per vincere la sfida dei cambiamenti climatici, nelle case, nei negozi, uffici, scuole, imprese e perfino per le strade, le azioni quotidiane di centinaia di milioni di persone, sommate insieme, possono avviare il cambiamento che garantirà al mondo nuovo equilibrio ambientale, economico e sociale. Un amministratore delegato può cambiare un’impresa, un bambino di 7 anni può cambiare la sua classe, un presidente può cambiare il suo Paese. Ogni singola azione, piccola o grande che sia, sommata a centinaia di milioni di altre, può davvero cambiare il mondo.”

Per raccontare a tutti che vivere verde è facile, possibile e può migliorare la qualità delle nostre vite, dopo il testimonial Marco Mengoni, è scesa in campo anche la giornalista e deejay Paola Maugeri, che nei mesi scorsi ha intrapreso una vita “a impatto zero” insieme a tutta la famiglia, e nel suo video messaggio per l’Ora della Terra invita a dedicare “un piccolo gesto della tua quotidianità per contribuire veramente a un futuro più sostenibile… Perché tutti viviamo su questo meraviglioso pianeta Terra ed è l’unico che abbiamo.”

Mentre sul fronte della green-economy le imprese che lavorano con il WWF dimostrano che la sostenibilità è una strada non solo percorribile ma anche proficua. Il gruppo Sofidel (marchio Regina), per esempio, ha investito in tre anni circa 16 milioni di euro per ridurre del 26% entro il 2020 le proprie emissioni di CO2 rispetto al 2007. UniCredit ha avviato un programma di riduzione delle emissioni dirette, lavorando con uffici e dipendenti per l’obiettivo -30% entro il 2020, e delle emissioni finanziate, orientando gli investimenti verso ambiti a basso contenuto di carbonio. In quindici anni Electrolux ha ridotto i consumi di acqua del 30%, di energia del 25% e i rifiuti del 45%, con l’obiettivo al 2012 di ridurre un ulteriore 15% i consumi di elettricità, acqua e gas.

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Crescita e green economy secondo il rapporto Unep

In Governi, Green Economy on 28 febbraio 2011 at 22:50

[22 febbraio 2011]

Investire nella green economy per combattere la povertà e sostenere una crescita duratura. È questo il messaggio forte che emerge dal rapporto «Towards a green economy» del Programma Onu per l’Ambiente (Unep), presentato ieri a Nairobi davanti a oltre 100 ministri dell’ambiente di tutto il mondo. Dunque, guardare all’economia sostenibile non è solo un impegno etico e civile ma, sporattutto, un’opportunità cui i dirigenti politici dovrebbero guardare per garantire il benessere e lo sviluppo delle società.

Secondo i suggerimenti dell’Onu, con un investimento annuale di 1.300 miliardi di dollari, pari al 2% del prodotto interno lordo mondiale, in dieci settori chiave da qui al 2050, la comunità internazionale potrebbe infatti avviare una radicale trasformazione dell’attuale modello di crescita, garantendo uno sviluppo equilibrato e stabile dell’economia e riducendo l’impronta ecologica del 50%. Inoltre, secondo gli esperti Onu, il passaggio all’economia a basso impatto ambientale, se sostenuta da politiche a livello nazionale e internazionale, porterebbe nuovi posti di lavoro, in sostituzione di quelli persi progressivamente con l’economia tradizionale. Secondo gli scenari elaborati nel rapporto, una transizione verde consentirebbe, nel 2050, una crescita del Pil mondiale intorno al 2,5% annuo.

«Con 2,5 miliardi di persone – ha affermato Achim Steiner, direttore dell’Unep – che vive con meno di due dollari al giorno e oltre due miliardi di popolazione mondiale in più prevista entro il 2050, è chiaro che dobbiamo continuare a sviluppare e a crescere le nostre economie. Ma questo sviluppo non può arrivare a spese del sistema che alimenta la vita sulla terra, a sostegno delle nostre economie e quindi di ciascuno di noi».

I dieci settori su cui puntare sono

Agricoltura, con un investimento da 100 a 300 miliardi di dollari all’anno fino al 2050 per garantire l’alimentazione ai 9 miliardi di persone destinati a abitare il pianeta. L’obiettivo è quello di migliorare l’efficienza della produzione agricola (implementando le infrastrutture, favorendo una migliore gestione dei suoli, rendendo sostenibile l’utilizzo dell’acqua) e di diminuire gli sprechi alimentari, intervenendo sulla distribuzione e conservazione dei prodotti.

Edifici. Con una spesa di circa 300 miliardi di dollari entro il 2050 si può risparmiare un terzo dell’energia consumata dal settore delle costruzioni, principale responsabile mondiale di emissioni di gas serra. Le politiche pubbliche dovrebbero quindi concentrarsi nell’aumento dell’offerta di energie rinnovabili e nella diminuzione degli sprechi energetici di case e palazzi.

Energia. Oltre 360 miliardi di dollari per incrementare la quota di energia prodotta attraverso fonti rinnovabili, dal 16% attuale fino al 45% entro il 2050. Secondo le stime, i lavoratori mondiali del settore potrebbero raggiungere i 25 milioni, contro i poco più dei 15 di oggi.

Pesca. Si prevede una spesa di 110 miliardi di dollari per la riduzione del 50% dell’impatto ambientale della pesca, attraverso il taglio delle flotte navali, e l’investimento in aree protette.

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